DON FLORIANO, Salmosofia e fisiognomica. L’ascolto interiore per rigenerarsi [823]

Intervista di martedì 27 dicembre 2022, ore 21, dell’arch. Stefano Parancola a don Floriano Pellegrini. Il video (durata: 59:16) è visibile e ascoltabile al link: https://www.youtube.com/watch?v=Q5tQhAn8-Rc

Arch. Parancola. Eccoci qui, ciao a tutti, buonasera! Ciao, don Floriano, benvenuto!

Don Floriano. Buonasera a tutti; ciao, Stefano!

Arch. Parancola. Ciao, carissimo! Allora, intanto ti ringrazio di essere qui; ho voluto fare questa serata perché poi presenteremo anche una cosa che faremo insieme e volevo ripercorrere proprio questo viaggio, dalla salmosofia alla fisiognomica, definito: «L’ascolto interiore per rigenerarsi». Allora una prima domanda, che voglio farti subito (noi stiamo lavorando molto su questo tema delle parole che curano), volevo chiederti: «Cosa intendi tu per Fede e se [ritieni che] in questo momento, diciamo, che stiamo attraversando, è importante per tutti noi agganciarsi e aggrapparsi alla Fede».

Don Floriano. Fede: ho visto con piacere che è [stata] scritta, la parola, con l’iniziale maiuscola. Non è una realtà umana, anche se sembra «la nostra Fede», di esseri umani, verso un ente, un soggetto, una persona, un Dio, una realtà superiore. In realtà, Fede è tutto il contrario. Fede è anzitutto percepire che l’altro, un altro ha l’occhio (che non è un occhio materiale), ha il cuore (e non è un cuore materiale), ha tutto sé stesso puntato su di me e nello stesso tempo su ogni creatura, umana e non umana. Quindi Fede è anzitutto ascolto, è una vibrazione – direi –, uno stato d’animo, una sete, una nostalgia d’infinito, un pellegrinaggio interiore; e la Fede è il primo passo e il secondo e fino alla fine, perché Colui verso il quale si è diretti in questo pellegrinaggio è, appare sempre più vicino e anche infinitamente oltre il presente nel quale ci troviamo. Ho questa idea di Fede, come [di] qualcosa che ci viene offerto. Allora, il mondo di oggi ha Fede o non ha Fede? I cristiani, la Chiesa, io prete ho Fede o non ho Fede? Ho Fede, abbiamo Fede, come mondo, come Chiesa, come preti, io personalmente, la mia anima, il mio corpo, il mio io ha Fede se ascolta, se si sente amato da questo Tu che ancora non conosce. Però c’è quasi una sofferenza, vorrei dire, nella Fede; un invocarlo prima ancora di conoscerlo. E poi, certamente, la Fede è anche dire sì a Colui che ti appare, ti viene incontro e si svela, un po’ alla volta. Stiamo andando dal Natale verso l’Epifania, e questo è un bellissimo termine che la Chiesa ancora antica [adottò] per spiegare sé stessa nel cammino interiore. Epifania vuol dire manifestazione, svelamento, togliere il velo da qualcosa, togliere la maschera che fa vedere la realtà in una maniera e invece è in un’altra; togliere al presente quell’assoluto per cui il presente sembra tutto, in bene o in male; togliere a noi quella ambizione di onnipotenza, per riscoprire la bellezza di essere creature, quindi in un contatto continuo con questo Tu, che si epifanizza (diciamo [così], per usare la parola epifania come verbo), si trasforma, si fa vicino manifestandosi. D’altra parte, è quello che succede anche nei nostri rapporti umani. Sto pensando quando uno china la testa sulla spalla dell’altro: il gesto materiale diventa anche rivelazione di un’amicizia, o [di] un bisogno di essere protetto o [di una] volontà di proteggere. Anche tendere la mano, nel buio, o nella luce, toccare solo la mano, anche toccare un vestito di una persona cara che non c’è, annusare il profumo che c’è in questo vestito, e si ha una rivelazione di quella persona. Rivelazione proprio in tutte e due i sensi: epifania sia come epifania dell’altro a me, che mi ritorna e mi appare ancora presente, nel suo profumo, nella sua bellezza, nella sua disponibilità, forse anche nei suoi contrasti, nelle sue contraddizioni; e, nello stesso tempo, epifania mia verso l’altro, perché anch’io in questo rapporto mi manifesto a lui. Quindi, forse anche leggermente non dico correggendo ma reimpostando la prima affermazione che ho fatto sulla Fede, o integrandola (meglio ancora), direi che la Fede è una relazione, nella quale il soggetto principale è un Dio che io conosco ancora ben poco, e sono io [come secondo soggetto], che tra l’altro conosco poco anche di me, che cerco di essere illuminato da Lui man mano che entro nella relazione con Lui. Non so, queste sono alcune idee che mi vengono in mente parlando di Fede. Certamente la Fede non è un sentimento ma una relazione, quindi una vibrazione di tutto il proprio essere. Qui è scritto anche: «Un dialogo interiore», ma nell’essere umano non è mai interiore nel senso che si intende di solito con questa frase, in quanto la distinzione [tra] anima e corpo, che [pur] è giusta, non appartiene al frasario e alla teologia cristiana. È stata adottata. Nella Bibbia, e tanto più nel cristianesimo, si usa l’espressione uomo, o anche l’espressione carne, sarx, che significa l’uomo nella sua realtà debole, l’uomo caduco, fragile, potenzialmente peccatore, ma anche potenzialmente capace di cose grandi, ma [che] è sempre piccolo di fronte alla grandezza di Colui che lo chiama. Nella Fede c’è anche questa vocazione e anche un Dio che si rivolge a noi come piccoli semi – semi nel senso di qualche cosa che contiene in nuce, in poco, tutto però lo sviluppo. E Dio diventa il generatore, il genitore nostro per eccellenza, perché solo lui può far crescere l’anima, diciamo così, aprirla a Sé. Abbiamo [come genitori] due fratelli in umanità, che sono il padre e la madre, la madre e il padre, però abbiamo anche, e soprattutto, questo terzo genitore, che poi è il primo, perché è quello che ci fa crescere nella dimensione più intima, più – neanche profonda – più alta, tipica, unica dell’essere umano e [quella che] ci fa diventare figli di Dio.

Arch. Parancola. Ascolta: qui ho messo questa slide. Noi ci siamo rincontrati il 23 ottobre di quest’anno, ed ho scritto proprio incontrarsi, ritrovarsi [=il primo incontro era stato il 12 agosto]. Questa cosa, come ti dicevo anche prima, io credo molto negli incontri che, diciamo, sono organizzati a livello divino, quindi noi ci siamo incontrati, cogli anche, non è un caso ma [c’è] una causa: in una chat dove io ho presentato la fisiognomica e i Salmi e tu mi hai raccontato questa bellissima storia di questi libri che tu hai e di cui adesso ne parleremo. Però, prima di arrivare a questo, voglio fare, [per] un attimo, un passaggio su San Leopoldo Mandić, [del quale] io adoro questa frase, che lui spesso ripeteva: «Dio è medico e medicina». Tu hai un legame molto forte, anche attraverso la tua famiglia, con San Leopoldo. Volevo appunto che mi raccontassi questo aneddoto e poi anche tu se mi dai un feedback di questa frase bellissima, in cui c’è racchiuso tutto, perché Dio è proprio medico e medicina, per cui se una persona ha grande Fede in questa energia divina, può veramente smuovere le montagne.   

Don Floriano. Sì, la mia famiglia ha sempre amato padre Leopoldo, che da qualche anno è stato riconosciuto dalla Chiesa come santo, ma era già riconosciuto dalla gente, dal popolo, dai fedeli come uomo di Dio, come santo. Percepivano che era in un collegamento particolare con Dio, che viveva di Dio e per Dio nella sua anima. E, quindi, come è nata questa amicizia verso questo frate, agli occhi del mondo insignificante, per certi aspetti, perché non aveva attività esterna al convento di Padova, dove è vissuto per anni e anni? Lui svolgeva, in quel convento, l’attività di confessore. Il fratello di mio nonno, un fratello di mio nonno, di nome Fortunato, tornato dalla prima guerra mondiale, eh, si è trovato senza lavoro, come tanti alla fine della guerra; prima faceva il carrettiere, nel senso che aveva un carro, due tre carri, grandi medio piccoli, e dei cavalli, e portava carichi da un paese all’altro, soprattutto dalle parti del Tirolo verso Zoldo; quindi da oltre confine, perché il Tirolo, Colle Santa Lucia e Pieve di Livinallongo appartenevano ancora al Tirolo, [ma] con la prima guerra mondiale [queste comunità] sono entrate a far parte dell’Italia come Alto Adige. [Fortunato] si è trovato senza lavoro e ha cominciato a fare il lavoro di venditore di pere cotte a Padova. Il punto forte dei suoi guadagni era la vendita delle pere cotte ai giovanotti universitari, che di solito le offrivano alle loro morose, alle loro amiche, o alle signore [e] signorine con le quali avevano un corteggiamento. Una cosa molto semplice, organizzata però. C’era una piccola comunità di venditori di pere cotte, a Padova, e stavano in via Paleocapa. [Fortunato] andava a confessarsi abbastanza regolarmente da padre Leopoldo, poi tornava a casa e raccontava che era per lui di grande aiuto spirituale, per il suo atteggiamento misericordioso, che dovrebbe essere l’atteggiamento normale ma in quegli anni, non è che io lo dica per esperienza personale ma immagino bene che in quegli anni ci fosse un rigore esagerato, soprattutto nelle confessioni. Ancora nella mia infanzia vedevo, quando andavo a confessarmi, che il parroco, anche in quel caso in ottima buona fede però aveva un’educazione rigorista, quindi si soffermava su: «Quante volte?», «Con chi?», «Dove?», «Come?», tutte queste [specificazioni] che dal punto di vista spirituale hanno valore fin là e là. Padre Leopoldo evidentemente non seguiva questo criterio materialista nelle cose spirituali, ma guardava alla persona, e con questo otteneva quello per cui serve la Confessione, cioè accompagnare una persona verso Dio. E qua arrivo alla frase, celebre sulle sue [=di padre Leopoldo] labbra: «Dio è medico e medicina», come a dire: «Guarda, Dio non vuole essere giudice»; è contrapposto a questo, dicendo: «Dio è medico, quindi è uno che ha cura di te», come dovrebbero fare tutti i medici (oggi un po’ meno, non per far polemica, ma almeno questa frase mi sia consentita). E «Dio è anche medicina» nel senso che nelle cose spirituali offre Sé stesso, in Gesù Cristo, per mezzo dei sacramenti, [tra cui] la Confessione (appunto), la Comunione, anche la direzione spirituale, lo Spirito Santo sempre, che accompagna coloro che si aprono a Lui e lo invocano. E, a questo riguardo, posso ricordare anche un’altra persona che ho avuto la fortuna di incontrare nella vita. Era il prof. Francesco Semi, istriano, grande studioso di linguistica; e, quelle poche volte che l’ho incontrato mi parlava dello Spirito Santo e mi diceva: «Ma come, don Floriano? Io prego tutti i giorni lo Spirito Santo, lo invoco; quando mi alzo al mattino, dico: “Spirito Santo aiutami in questa giornata”». Io questo non lo facevo mai, facevo le preghiere normali, nelle quali anche nominavo lo Spirito Santo, però non avevo queste preghiere semplicissime con le quali affidarmi a Lui. Ed è stata, anche in quel caso, l’esperienza di Fede, l’esperienza interiore di un uomo già avanti negli anni, che mi ha introdotto alla preghiera allo Spirito Santo. Quindi, lo Spirito Santo, che è Dio, come il Padre, come il Figlio, medico e anche medicina, perché lo Spirito Santo nella nostra anima cura. Nella nostra anima cura in che maniera? Eh, qua è il bello: è una caratteristica sua, cura proprio con la sua semplice presenza. Il fatto stesso che c’è è vivificante, porta vita, porta primavera nelle anime. È anche l’esperienza fatta dagli apostoli il giorno di Pentecoste, che hanno la sensazione di sentire lo Spirito Santo come un fuoco e come un vento; come un qualcosa di caldo, che scalda la loro vita, che brucia quello che è male, quindi è medicina, e non solo si accontenta, come qualsiasi medicina, di togliere il male, ma spinge, ricrea, porta oltre, dà una vita, un aumento di vita. E poi sentono, gli apostoli il giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo come vento, quindi una spinta di andare oltre. Anche a questo riguardo è interessante – mi collego ancora con la nostra famiglia e quindi anche [con] lo zio Fortunato, che andava da padre Leopoldo – nello stemmino, piccolo, della nostra famiglia che c’è in chiesa, mentre (siamo Pellegrini di cognome) lo stemmino tipico è fatto da due bastoni incrociati con una conchiglia di San Giacomo, invece sull’altare, in chiesa, è raffigurato come una freccia, unica, che viene saettata, scagliata verso l’alto. Questa è una cosa molto bella e viene dalla cultura meridionale, per la precisione pugliese; [dove,] nella chiesa di Sant’Oronzo, c’è proprio uno stemma, riguardo [=riguardante] i pellegrini, uguale; e vuol dire così: «Non andare verso Dio stanco, come fosse una fatica, un obbligo, come uno studente svogliato che va a scuola, come andassi in prigione, quando preghi; vai verso Dio felice, come una freccia, corri». E anche quest’immagine la troviamo nella Bibbia, poi, applicata alla Madonna; quando Maria va a trovare la sua cugina Elisabetta, il vangelo di Luca dice che «andò in fretta», questa è la traduzione in italiano ma non è del tutto fatta bene, è giusta ma non buona; il termine latino festinante [che Luca usa] significa quasi, intanto, festosa, quindi [Maria] va allegramente, con il passo svelto, di fretta sì ma di fretta perché felice, verso sua cugina Elisabetta. Questo è [anche] l’atteggiamento di Dio verso di noi: un medico che viene festinante, felice verso [di noi], a portarci la medicina che è Lui stesso, cioè lo Spirito Santo, nei sacramenti, nella sua parola, anche nei Salmi, di cui parleremo, e in tante altre occasioni.

Arch. Parancola. Ecco, sui Salmi, adesso volevo proprio leggerti alcune cose che poi pubblicheremo nel nostro libro, di cui parleremo. E proprio qui, in questa slide [=visibile nel video], c’è una citazione presa da padre Matteo La Grua, che è stato un grande esorcista, e lui diceva proprio: «Leggendo i Salmi, si guarisce da tutte le malattie, perché Cristo è contenuto in essi ed opera dentro di noi; mentre ci nutre, ci guarisce». Qui non è che dica: «Possono aiutare»; La Grua è abbastanza categorico; e questa [guarigione] è una cosa che io vedo costantemente, perché li uso ormai da quindici anni. [Continua La Grua:] «Dai Salmi si sprigiona una forza arcana di guarigione. Il libro dei Salmi era il libro di preghiera di Gesù»; Gesù pregava con i Salmi. [E ancora La Grua:] «Davide fu il cantore di Dio, compose più di un migliaio di Salmi, molti sono andati perduti». Ecco, ricordo che nella Chiesa [universale] sono 150, nella Chiesa copta 151, quindi pensate quanti Salmi sono stati persi. Sono poesie potenti, «I Salmi sono utilizzati per innalzare la mente, grazie a loro riusciamo a dirigerla verso stati di coscienza più elevata. Contengono una grande energia positiva. Questa energia elimina pian piano tutte le altre energie negative. I Salmi proteggono chi li recita». Leggo anche questa [slide], poi voglio un [tuo] feedback: «Ripetendo un Salmo, diventiamo parte di quelle energie, contenute al suo interno, assorbiamo parte di quelle vibrazioni che stiamo cantando o ripetendo mentalmente», quindi è come se noi diventassimo il Salmo stesso, entriamo in risonanza; «Più recitiamo i Salmi, più queste vibrazioni scendono in profondità, toccando diverse parti della nostra coscienza. Più pratichiamo i Salmi, più la nostra coscienza si espande». Ecco, volevo ricordare anche che ci sono più di duemila studi scientifici attuali che dimostrano il potere della preghiera, proprio come la preghiera va a fare un lavoro di guarigione cellulare. Quindi quello che abbiamo visto, che ho visto negli anni è come i Salmi sono legati all’energia angelica. È come se queste energie divine facessero una scansione del nostro cuore, capissero i problemi, e vanno poi a creare questa armonizzazione. Quindi, volevo chiedere anche a te un feedback su questo che abbiamo letto.

Don Floriano. Sì, questo che è stato detto, è molto bello e, nello stesso tempo, cioè prima, introdurrei il concetto di parola di Dio, per quello. Cioè: la Bibbia non è un libro; la Bibbia è un libro che contiene la parola di Dio, quindi in realtà non contiene quello che dice di contenere, perché la parola di Dio è infinita; Dio non è una persona che ha fatto un romanzo o settanta libri sacri; Dio è vivo, Dio continua a parlare. Quello che è Bibbia, la Sacra Scrittura, è una codificazione, un mettere «nero su bianco», ed ha un valore permanente; però Dio poi non si limita a quello che è scritto della sua parola. Noi riusciamo a cogliere la Bibbia, e quindi anche i Salmi, nella loro realtà, in quanto li stacchiamo da[l] testo scritto e li riportiamo nella loro autenticità, che è una vibrazione energetica; ma [dire] energetica è anche dire poco: è una vibrazione dell’energia del cuore di Dio, quindi è una energia del «medico e medicina», è una energia di Colui che ci sta creando momento per momento; anche in questo momento, se lui dicesse: «No» alla nostra esistenza, io non potrei ad esempio parlare, voi non potreste ascoltare. Quindi siamo dei vasi ricettori delle [vibrazioni delle] corde di uno strumento, che vibrano alle dita del grande musicista dell’universo che è Dio. L’arpa, più che Davide, la teneva in mano Dio stesso. Questo nella Chiesa si era in grossa parte dimenticato, almeno in una teologia troppo scolastica, troppo da scuola, perché la Scolastica significa la teologia di San Tommaso [d’Aquino], non in quel senso là, ma una teologia ridotta a formule. Anche la teologia ridotta a formule è il tradimento della teologia; è come se io volessi capire un rapporto tra due persone prendendo un libro; tu capisci questo rapporto, inserendoti in quel rapporto, per cui, in realtà, ogni rapporto è indescrivibile o può essere compreso e descritto solo per analogia. Quando noi entriamo nella vibrazione dei Salmi, eentriamo nel canto di anime, di Fede, rapportate con Dio e di Dio rapportato con quell’anima, Davide o chi per lui. Entriamo in una intimità. Prima di entrare in questa intimità, dovremmo come minimo sospendere per qualche minuto, per un cinque minuti, l’eco e le parole che prima passavano nella nostra mente; dobbiamo fare un qualche distacco. Solo allora si fa questo spazio, perché la vibrazione nell’intimità di Dio sia più, non [dico] del tutto ma più accessibile a noi; e la potenza che è contenuta in quei termini, in quei ritmi, perché [i Salmi] sarebbero poi testi da cantare (oltre che testi dell’intimità di un’anima con Dio), si riversi, quasi come da una sorgente, nella nostra vita, nella nostra anima; e ci introduce a nostra volta in quella intimità, quindi (questo era stato dimenticato, come dicevo, da chi seguiva troppo pedissequamente la teologia come un fatto intellettuale), e quindi, in concreto, era stata dimenticata, questa dimensione, proprio dai Pastori d’anime, sacerdoti e vescovi (in generale, si parla, perché qualcheduno no, non era cascato in questo inganno involontario). I fedeli invece, con meno preparazione teologica scolastica, molto più affidati anche al loro sentimento, quasi per un istinto di Fede sapevano cogliere molto meglio, sia mentalmente sia realmente, come influsso e vantaggio spirituale, la potenza e l’energia dei singoli Salmi. E così troviamo una cosa sorprendente: che nel paesino, di 250 abitanti di allora, di Coi di Zoldo, c’è un testo sui Salmi, naturalmente scritto in latino com’era nel 1700, e questo libretto segue proprio la visione profonda dei Salmi come piccole medicine, prese una per una. Però direi che sempre è da prendere, cioè non chiudere troppo il vaso, perché non è una medicina come le pastiglie, che ne devi prendere tre e non dieci, altrimenti anche il troppo ti fa male; nell’ambito spirituale questo non succede e, così, se un certo Salmo ti aiuta a superare un disturbo, fisico o psicologico, o relazionale, e questo è vero, questo succede (e questo è quello che i Pastori per troppo intellettualismo avevano dimenticato ma i fedeli no), nello stesso tempo è bello passare anche da un Salmo all’altro. Cioè, io vedo spiritualmente utile camminare con due gambe: fai un passo nella situazione e con il Salmo di cui in quel momento hai bisogno maggiormente, ma sbilanciati anche facendo, in quei giorni, in quel periodo, un passo (quindi leggendo, meditando e gustando, e lasciandoti invadere interiormente) da un altro Salmo non collegato, almeno che tu [lo] percepisca subito, con la tua situazione esistenziale o con quello che in quel momento ti fa soffrire. Però il fatto di aprire quel Salmo, che serve a un altro, giova perché arricchisce anche il primo di una dimensione che magari non avevi colto.

Arch. Parancola. Condivido, condivido alla grande quello che hai detto. Volevo andare avanti, così ti leggo altre cose che abbiamo, appunto, scritto per il nostro libro: «Recitare i Salmi ci aiuta a ripulire la nostra negatività, accumulata nel tempo, ci conduce a stati di coscienza più sottili. È una vera e propria “terapia” che facciamo su noi stessi ed è per questo che, quando vengono ripetuti, il respiro si calma e i pensieri si tranquillizzano». Ecco, questo [=nella slide visibile nel video] è il primo libro che avevo fatto, con Ashraf Eskandar, dove – vedi – sono anche tutti gli utilizzi tratti dalla teologia copta antica. Adesso volevo farti una domanda, poi leggeremo anche qualche Salmo [e] fare[mo] un commento: «Che relazione c’era (tu prima parlavi dei tuoi bellissimi libri, questo [=visibile nella slide] è il libro di Scotto «Della fisiognomica»); secondo te, che relazione c’è, che connessione c’è tra i Salmi e la fisiognomica?».

Don Floriano. Eh, già dicevo prima che lo schema «anima – corpo», che vale da un punto di vista intellettuale, per tornare a ripetere questa parola, in realtà è uno schema che non vale nella realtà, perché noi non abbiamo un corpo e un’anima, ma siamo una persona, che ha una dimensione spirituale, una psichica e una fisica, ma sono semplicemente distinzioni nostre. In realtà, le tre dimensioni sono una [sola realtà], intrecciata all’altra, come una maglia che avesse un filo rosso, uno bianco, uno azzurro, per dire; o un filo di un tipo e [di] un altro. Sono, ecco, sono perfettamente congeniati questi tre fili? In alcuni casi sì, in alcuni casi no. Allora tu non puoi crescere e guarire, stare meglio e progredire nella vita spirituale, se non hai anche un progresso nella cura del tuo corpo, nell’insegnare al tuo corpo ad avere uno stile conforme a quello che lo spirito ti dice. Ad esempio, se tu senti il bisogno di una umiltà interiore, questo affidarti a Dio, senti poi anche il disagio di un mangiare eccessivo, che sarebbe quasi una richiesta di energia semplicemente [d]al cibo. E anche nel tuo viso, ma non soltanto nel tuo viso, nel tuo volto, anche nel resto del tuo corpo, sia nella parte esterna come nella parte interna ([l’]intestino, ad esempio), ma tutto, anche [nel]la parte sessuale, anche nel modo di camminare c’è un riflesso, ma un intrecciarsi, non è che sia un riflesso di quello che avviene di qua. Le due cose, insomma, si compenetrano. Allora, è interessante quello che avevano scoperto, forse da sempre, perché troviamo qualche cosa di simile ancora con gli Egiziani. Io ho osservato l’iconografia e il modo di raffigurare le teste [tipica] degli Egiziani, sia teste maschili che teste femminili, che per solito vengono allungate sul cranio – qua sarebbe tutto un discorso da fare –, in particolare le persone che venivano considerate di natura divina o collegate con il Dio loro (che è sempre Dio, poi) venivano forzate anche con delle fasce all’accrescimento della testa, ché pensavano che in questa maniera, quindi modificando la parte fisiognomica, si modificasse anche la parte spirituale, oltre che la parte psichica. Una cosa simile la troviamo anche con i Greci. È stato fatto uno studio, che ho letto non tanto tempo fa, riguardo a Sparta (per essere concreto) [tra] le varie città, che erano piccoli regni, città un po’ indipendenti, in Grecia. Sparta aveva la caratteristica di prendere i ragazzi, i maschi diciamo, i ragazzi, e li educava in maniera pubblica, in una forma anche molto [disinvolta], cioè stavano nudi nei ginnasî. Perché questo? Non è un discorso di erotismo o pre-erotismo, no, proprio questo studio (interessante) diceva che era per educarli, educare i ragazzi ad avere una fisicità, un corpo, che trasmettesse [dal]l’uno all’altro dei valori, ad esempio il valore del coraggio, e quindi percepivano anche i Greci che il fisico, quindi anche la strutturazione del fisico, la parte muscolare in questo caso, era segno di un atteggiamento interiore non di arroganza ma di aiuto vicendevole o poteva essere invece [segno di altro]. Quindi si educavano ad un’armonia totale tra la parte spirituale, o interiore, e la parte fisica, e anche tra parte fisica e spirituale di uno e gli altri, quindi il rapporto, la relazione. Questo lo troviamo, poi, anche nel cristianesimo; ma veramente nel cristianesimo abbiamo anche una rottura di questa armonia, che [esisteva] invece in queste due civiltà (almeno [queste]) antiche, che ho citato (anche fra gli Assiro-Babilonesi, ma molto più legato alla figura femminile). Invece, poi, nel cristianesimo no, con [San] Benedetto [da Norcia], perché si è introdotto il manicheismo con Sant’Ambrogio [=lapsus, sta per Sant’Agostino d’Ippona], quindi corpo e anima [vennero considerati] contrapposti. Questo è stato un danno enorme alla spiritualità e alla teologia occidentale, e non solo occidentale, ma soprattutto occidentale. Nonostante questa teologia ufficiale, nella quale alla fin dei conti vigeva il manicheismo, la contrapposizione [tra] anima e corpo, ci sono dei filoni, sani diciamo, giusti, equilibrati, che sono andati avanti nella cultura, e troviamo questa persona, Duns [=lapsus, sta per Michele] Scoto, nel 1300 [=1200], che a Palermo insegnava all’imperatore Federico II varie cose, varie religioni, quindi anche un’apertura alla sapienza di altre strutture istituzionali religiose e quindi c’è anche un interesse alla fisiognomica, al corpo, ma in un rapporto sempre con l’anima. E poi potrei citare a questo riguardo anche altri libri; mi viene in mente, in questo momento, un libro, non mi ricordo bene se è del 1600 o [degli] inizi del 1700, la «Commare», cioè l’ostetrica. In questo libro si insegna all’ostetrica, quindi, proprio tutto quello che riguarda la posizione del feto e del bambino, e del bambino appena nato come doveva [fare], i segni, anche lì, la parte fisica, la parte fisiologica, fisiognomica anche proprio, e [nello stesso tempo] continui riferimenti a Dio, alla parte spirituale. Sarebbe un bel lavoro da fare, o noi o altri, anche più avanti, [di] recuperare questi testi e metterli uno accanto all’altro, partendo da quelli sulla civiltà, sulla fisiognomica (diciamo) egiziana, passare un po’ [a] quella greca, [a] quella araba, a quella medievale, a quella post-medievale, anche nell’Umanesimo (facendo un passo indietro). Bene, anche questo potrei dire: l’agiografia, quindi il modo di raffigurare i Santi, ha sempre giocato sulla fisiognomica; cioè, i Santi [sono stati] raffigurati in una certa, fissa maniera, con un volto in quel modo, la mano tenuta alta o bassa, o per benedire o per reggere il pastorale; quindi no, non dico: «Giocavano sull’aspetto fisico per mostrare l’aspetto spirituale», non è che fosse un gioco [ma] si rendevano conto che nell’immagine esterna, fisica, corporea della persona, si trasmette quello che è anche il suo interiore; interiore ed esteriore sono collegati. Con tutto il dramma, mi viene da aggiungere, per le persone che, per un motivo o l’altro, non hanno una corporeità che trasmette la loro spiritualità; ad esempio, una persona che ha un incidente, anche nel volto, e non riesce più ad avere lo sguardo o il sorriso, eh, diventa un dramma; oppure anche scherzi della natura, ché a volte uno ha una struttura fisica che è in evidente contrasto con quella psicologica e spirituale. Però queste sono eccezioni che non solo non negano il valore della regola generale, ma la confermano. E quindi la parte spirituale, che per il cristiano è vissuta quotidianamente nella preghiera e, speriamo, sempre più nella preghiera dei Salmi, e la parte fisiologica sono collegate; anche, direi, il vestito e il posizionamento, perché quando uno ha una esigenza spirituale… Faccio un esempio molto concreto: il rapporto dell’io e degli occhi con la luce, [di] come, quando uno prega, sente il bisogno o di elevare gli occhi al Cielo o di abbassarli, quasi per concentrarsi; quindi è tutto collegato.

Arch. Parancola. Volevo leggerti, ne avevamo discusso io e te, una parte che è tratta dal vangelo di Luca versetto [=lapsus, è capitolo] 9, [versetti] 28-36; ricordo che Luca è un medico e nel vangelo di Luca ci sono tutte le guarigioni di Gesù, quindi, naturalmente, Lui miracoli ne ha fatti tanti e soprattutto la parte di guarigioni e lui [=Luca] in questa parte del vangelo dice: «Gesù salì sul monte a pregare. Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». Quindi, io ti avevo chiesto questa cosa, se poteva avere attinenza con la fisiognomia, [e] tu mi avevi detto: «Beh, è molto interessante questo aspetto», vero?

Don Floriano. Sì, sì, questo lo troviamo in Gesù, e nel vangelo di Luca, che è medico e sottolinea tutti gli aspetti medici di cui ha notizia; ad esempio è l’unico che dice che Gesù nell’Orto degli Olivi sudò sangue (ecco, anche la sudorazione), sudò sangue ed acqua, segno, vuol dire lui, Luca, medico, che era in uno stato di agitazione parossistica, proprio al punto che si rompevano i capillari e ne usciva sangue. Però la troviamo, una cosa simile [alla Trasfigurazione], anche nel per noi cristiani «Antico Testamento». Ad esempio, quando Mosè sale sul monte per prendere, per ricevere meglio, le tavole della Legge, o Comandamenti, il suo volto (si dice anche in quel caso) cambiò di aspetto; ed è chiaro che la trasfigurazione di Gesù è collegata con la trasfigurazione di Mosè sul monte Sinai, come a dire che il nuovo Mosè e le nuove tavole della Legge sono quelle portate da Gesù. E, comunque, anche Mosè si trasfigura e il Popolo ebraico, quando scende dal monte, vedono [=vede] sopra il suo capo due raggi di luce come fossero due corni, che sono quelli che hanno colpito anche l’immaginazione, insomma la sensibilità di Michelangelo Buonarroti, quando ha fatto la scultura del Mosè e lo raffigura proprio con una specie di due corni. Anche troviamo delle idee, cioè delle descrizioni simili riguardo al profeta Elia quando viene assunto (perché in qualche maniera è un’assunzione) al Cielo, anche lui viene – si può dire – trasfigurato, cambia di aspetto. Però già fin dall’inizio, già nel paradiso terrestre avviene un fenomeno simile in quanto prima del peccato, cioè quando c’era armonia spirituale e fisica in Adamo ed Eva (lasciamo stare i discorsi [su]i nomi, ecc., che sono chiaramente simbolici), [essi] non si accorgono di essere nudi, non percepiscono la loro fisicità in contrasto con il loro spirito, solo dopo il peccato avviene questo. quindi c’è una trasformazione, non tanto del corpo ma della percezione del corpo dopo la rottura dell’armonia con Dio, quindi dell’armonia essenziale, quella fra parte spirituale e parte fisica; il peccato procura questo e Dio medicina dovrebbe far superare questo, per cui si ricostruisce e, gradino per gradino o anche coi Salmi si ricostruisce quello che si spezza nell’armonia dell’essere umano.

Arch. Parancola. Meraviglioso.

Don Floriano. Anche nel libro dell’Apocalisse, che è l’ultimo libro della Bibbia, abbiamo una cosa del genere quando si dice – ma sono varie immagini, vari esempî che potrei fare – che, parlando di Maria, la si vede in varie trasfigurazioni, [in] una di queste è una donna gigantesca, molto luminosa, con questa luce che è infinitamente superiore a quella del sole, della luna e delle stelle; un’altra raffigurazione, cioè trasfigurazione è quella di noi esseri umani i quali prima sono, siamo peccatori ma, una volta entrati in rapporto con Gesù, appaiono all’evangelista Giovanni (che scrive l’Apocalisse) luminosi anch’essi, come avessero addosso una veste bianchissima; e dice [San Giovanni] bianchissima, [cosa] che umanamente è impossibile, «lavata nel sangue dell’Agnello». Ben, allora, a questo riguardo un’altra trasfigurazione, l’ultima, no, neanche l’ultima (ché ce ne sono ancora) anche Gesù in croce, caso unico, cioè: i vangeli sono quattro ma l’evangelista Giovanni che era l’unico presente quando Gesù è morto, insieme con Maria e alcune altre donne, l’evangelista Giovanni, quindi, il più forte nella Fede, più forte anche del primo Papa, Pietro, descrive la morte di Gesù come una trasfigurazione (forse questo lo si dice poso), fa vedere la sua salita al Calvario e il suo morire come quella di un re che va verso il suo trono, e il suo stare sulla croce come il re d’amore, che sacrifica sé stesso ma è il re sul trono. Questa è un’immagine molto potente; non so neanche perché [venga fatta poco conoscere]; ecco, fa parte di quelle cose meravigliose che non vengono dette. Forse noi abbiamo anche questo invito, da parte di Dio, di aprire a queste luci le anime, non so, [un] qualcosa del genere. Poi dicono che il cristianesimo è banale; ho visto anche un articolo, dei giorni scorsi, di una che si spaccia per chissà chi. Non è che il cristianesimo è banale, è che noi lo conosciamo poco, è quello il fatto.  

Arch. Parancola. Esatto, volevo chiudere, siamo in chiusura, leggendoti alcuni versetti di due Salmi che ho scelto, che poi sono tratti dal nostro libro; questo lavoro, che stiamo facendo, è molto bello; mi sembra che questa unione, che è nata così, che ci ha fatto rincontrare, è proprio quella di portare avanti questa anche nuova visione e nuovo risveglio delle coscienze, di utilizzare la preghiera anche in modo diverso, di una preghiera che possa aiutarci veramente ad essere più guidati e illuminati. Allora, del Salmo 61 ho scelto due versetti, che dicono: «Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera. Dai confini della terra io t’invoco; mentre il mio cuore viene meno, guidami sulla rupe inaccessibile. – Tu sei per me rifugio, torre salda davanti all’avversario». Questo Salmo è ovviamente legato anche ad un giorno, ad un’ora precisa e, vedete [sulla slide] «è consigliato per la fedeltà nella coppia e per togliere i sensi di colpa». I sensi di colpa sono un elemento molto importante, sono stati creati sempre, e su cui la gente lavora molto, su quest’aspetto, e quindi questo Salmo proprio lavora in maniera molto forte. E poi ti chiedo una battuta veloce. Il 24 è un Salmo molto bello, che riguarda proprio il ringraziare, che è un altro elemento molto importante, ché spesso forse ci dimentichiamo di dire: «Grazie» per tutto quello che abbiamo. E questo Salmo recita così (ho estratto un versetto): «Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna, chi non giura a danno del suo prossimo, otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio, sua salvezza». Ecco, vuoi dirmi una battuta veloce sui due Salmi?

Don Floriano. No, più che una battuta veloce sui due Salmi, permettimi, anche se è una cosa un po’ particolare ma veloce: ricordo che la regina Elisabetta, quando è diventata regina, nella cerimonia dell’incoronazione ha chiesto che venisse recitato un Salmo e ha disposto per il suo funerale venisse recitato ancora un Salmo, il Salmo 113 [=lapsus, è ancora il 139].

Arch. aerancola. Ah, non sapevo, meravigliosa. Per chiudere: con don Floriano stiamo facendo questo libro, che si intitola: «Salmosofia e fisiognomica. L’ascolto interiore per rigenerarsi», che vorremmo appunto pubblicarlo tra febbraio-marzo 2023 e poi vorremmo, appunto, portare avanti questa condivisione in giro per l’Italia; faremo anche molti eventi, per aiutare le persone a riascoltarsi e soprattutto a fare un cammino anche basato su una crescita personale spirituale. Vuoi dire anche tu qualche cosa, don Floriano, in chiusura?

Don Floriano. No, no, hai detto tutto benissimo. Ringrazio tutti.

Arch. Parancola. Anch’io, anch’io. Ringrazio te, don Floriano, noi ci vediamo presto.

Don Floriano. A presto.

Arch. Parancola. E mandiamo la sigla di chiusura. Ciao a tutti e buona serata.

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